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Il beniamino delle farfalle, visto al Cacilda Becker nell'ottobre 2010. Ecco l'articolo, direttamente dal sito di Giudizio Universale
Il rivoluzionario e la farfalla
Norberto Presta interpreta Bucharin, protagonista della Rivoluzione d'Ottobre giustiziato nel 1938 da Stalin dopo un processo farsa. Il beniamino delle farfalle parte dalla sua ultima lettera, che arrivò alla moglie più di cinquant'anni dopo
di Igor Vazzaz
Scherzi del destino, o dei sistemi postali: a volte capita che una lettera impieghi quasi cinquantacinque anni per giungere a destinazione, poco importa se è l’ultima epistola amorosa che un rivoluzionario russo scrive alla moglie. Escamotage letterari, si dirà, eppure non si dovrà per forza scomodare Wilde per rammentarsi come, talvolta, la vita superi l’arte: Nikolaj Ivanovič Bucharin, esponente di primo piano di quella grande esperienza storica che fu la Rivoluzione d’Ottobre, incontra la morte dopo un processo politico dai contorni tuttora indefiniti, tanto che non è chiaro quanto il regime staliniano abbia piegato lui o quanto egli stesso si sia, in qualche modo, voluto piegare per restare fedele a un’idea. La lettera, sì, la scrisse, nel 1938, e arrivò nel 1992 ad Anuska (Anna Michailovna Larina), che, da sposa fedele ed eterna amante, rispose con parole struggenti e appassionate.
beniamino grande.jpgNorberto Presta, attore argentino, poliglotta, viaggiatore, presta (e mai verbo sarebbe più preciso) corpo, sudore, voce e movenze a Bucharin, in un monologo ricco di piegature, di flessioni e riflessioni, tra amara ironia, momenti di umorismo alla russa e un’ininterrotta, atroce interrogazione sul senso stesso del narrare, del rappresentare. Andiamo con ordine: lo spettacolo è del 1993, nasce in tedesco, e viaggia per il mondo da quasi vent’anni. Il titolo italiano è Il beniamino delle farfalle, noi lo vediamo al Cacilda Becker di Rio de Janeiro, in occasione della Settimana della lingua italiana nel mondo, con l’ausilio del locale Istituto Italiano di Cultura (e voi potete vederne un assaggio qui).
beniamino media.jpgIn scena poco o niente, fasci luminosi dall’alto che tagliano le tavole del palco, rendendo una luce ora neutra ora più stretta, a isolare l’attore. La musica è diffusa dai lati, a volte con suono volutamente rétro, ad accompagnare le movenze sinuose del protagonista: ballerino, narratore, corpo in movimento. La sedia, unico arredo, è trampolino, arma, scala per quella figura flessuosa che nella plastica motoria individua una matrice teatrale profonda.
Direttamente rivolto al pubblico, Nikolaj parla della propria storia di rivoluzionario traditore e tradito, in quel rapporto vischioso, inesplorabile, intessuto con Stalin e il resto del regime sovietico. Non vuole, lui, raccontare l’amore per Anna, per il figlio, la corrispondenza con gli amici: si sofferma, piuttosto, su curiose riflessioni naturalistiche e una ficcante metafora tra l’appartenenza rivoluzionaria e la vita dei più bei lepidotteri, le farfalle. Insetti simbolo della metamorfosi più profonda, sono il doppio e dello sforzo rivoluzionario e di questo corpo d’attore in costante mutazione di postura, posizione, gestualità.
beniamino piccola.jpgIl ritmo vocale è rotto, alterna soliloquio frammentato e recitazione fluente, sempre accompagnato da passi di danza degni di un tanguero e da un giocare flessuoso con il corpo di un uomo già maturo. La quarta parete crolla sotto i fendenti di un continuo rivolgersi al pubblico, porgendo fotografie per poi richiederle indietro, sfiorando, toccando gli spettatori. Al contempo, la medesima, eterna e invisibile separazione attore-spettatore viene fatta a brandelli dal contrasto tra interprete e personaggio: Nikolaj, infatti, si rivolge a Norberto sfidandolo, motteggiandolo, rifiutandosi di raccontare ciò che il pubblico vorrebbe, la storia d’amore. L’attore ingaggia col carattere fittizio un corpo a corpo serrato, fatto di battute e lacrime, ma non c’è storia: è la storia stessa a non esserci. Illusi sono coloro che pensano di poter raccontare qualcosa: l’essenziale, lo diceva Walter Benjamin a proposito dell’arte, lo riprendiamo noi declinandolo anche alla vita, l’essenziale è incomunicabile, e ciò che è comunicabile è fatalmente inessenziale. In barba all’infinita presunzione di rappresentare, all’infinita presunzione di mettere in scena, di poter significare mai qualcosa, al punto da cannibalizzare esistenze, amori, storie per dilettare il tranquillo pubblico pagante. Presta gioca benissimo questa partita a perdere, e il suo italiano sporcato d’ispanismi acquisisce un senso straniante che rafforza ulteriormente uno spettacolo di grande purezza e onestà, poetica e teatrale.
Si resta col fiato sospeso, la testa colma di riflessioni e le farfalle rosse distribuite dall’attore, frutto del delirio di Bucharin nel tagliare con le forbici un libretto rivoluzionario. Si resta col cuore riempito e, in mano, un pugno di mosche. Pardon, di farfalle.
Tags: Igor Vazzaz, il beniamino delle farfalle, norberto presta, recensione,
07 Giugno 2011
Oggetto recensito:
Il beniamino delle farfalle, di e con Norberto Presta
Il resto della locandina: regia di Lambert Blum; produzione Transito Produçoes; durata 60 minuti; lo spettacolo, nato in Germania, è proposto abitualmente anche in italiano, spagnolo e portoghese
Prossimamente in Italia: date in divenire sul blog di Norberto Presta e qui
Nikolaj Ivanovič Bucharin: Lenin, nel proprio testamento politico, lo definiva "il figlio prediletto del Partito"; la sua vita è stata intensa e travagliata; è, peraltro, corresponsabile della fondamentale teorizzazione del "socialismo in un solo paese" che spiana la strada alla dottrina stalinista
La condanna: è avvolta nel mistero, perché, alla fine, è egli stesso ad accusarsi di attività controrivoluzionaria, al punto da risultare convincente persino per gli osservatori internazionali che presenziavano al processo
Il sospiro di sollievo: si può fare teatro monologico senza cadere né nel "teatro di parola" né in quello "di narrazione"
Norberto Presta interpreta Bucharin, protagonista della Rivoluzione d'Ottobre giustiziato nel 1938 da Stalin dopo un processo farsa. Il beniamino delle farfalle parte dalla sua ultima lettera, che arrivò alla moglie più di cinquant'anni dopo
di Igor Vazzaz
Scherzi del destino, o dei sistemi postali: a volte capita che una lettera impieghi quasi cinquantacinque anni per giungere a destinazione, poco importa se è l’ultima epistola amorosa che un rivoluzionario russo scrive alla moglie. Escamotage letterari, si dirà, eppure non si dovrà per forza scomodare Wilde per rammentarsi come, talvolta, la vita superi l’arte: Nikolaj Ivanovič Bucharin, esponente di primo piano di quella grande esperienza storica che fu la Rivoluzione d’Ottobre, incontra la morte dopo un processo politico dai contorni tuttora indefiniti, tanto che non è chiaro quanto il regime staliniano abbia piegato lui o quanto egli stesso si sia, in qualche modo, voluto piegare per restare fedele a un’idea. La lettera, sì, la scrisse, nel 1938, e arrivò nel 1992 ad Anuska (Anna Michailovna Larina), che, da sposa fedele ed eterna amante, rispose con parole struggenti e appassionate.
beniamino grande.jpgNorberto Presta, attore argentino, poliglotta, viaggiatore, presta (e mai verbo sarebbe più preciso) corpo, sudore, voce e movenze a Bucharin, in un monologo ricco di piegature, di flessioni e riflessioni, tra amara ironia, momenti di umorismo alla russa e un’ininterrotta, atroce interrogazione sul senso stesso del narrare, del rappresentare. Andiamo con ordine: lo spettacolo è del 1993, nasce in tedesco, e viaggia per il mondo da quasi vent’anni. Il titolo italiano è Il beniamino delle farfalle, noi lo vediamo al Cacilda Becker di Rio de Janeiro, in occasione della Settimana della lingua italiana nel mondo, con l’ausilio del locale Istituto Italiano di Cultura (e voi potete vederne un assaggio qui).
beniamino media.jpgIn scena poco o niente, fasci luminosi dall’alto che tagliano le tavole del palco, rendendo una luce ora neutra ora più stretta, a isolare l’attore. La musica è diffusa dai lati, a volte con suono volutamente rétro, ad accompagnare le movenze sinuose del protagonista: ballerino, narratore, corpo in movimento. La sedia, unico arredo, è trampolino, arma, scala per quella figura flessuosa che nella plastica motoria individua una matrice teatrale profonda.
Direttamente rivolto al pubblico, Nikolaj parla della propria storia di rivoluzionario traditore e tradito, in quel rapporto vischioso, inesplorabile, intessuto con Stalin e il resto del regime sovietico. Non vuole, lui, raccontare l’amore per Anna, per il figlio, la corrispondenza con gli amici: si sofferma, piuttosto, su curiose riflessioni naturalistiche e una ficcante metafora tra l’appartenenza rivoluzionaria e la vita dei più bei lepidotteri, le farfalle. Insetti simbolo della metamorfosi più profonda, sono il doppio e dello sforzo rivoluzionario e di questo corpo d’attore in costante mutazione di postura, posizione, gestualità.
beniamino piccola.jpgIl ritmo vocale è rotto, alterna soliloquio frammentato e recitazione fluente, sempre accompagnato da passi di danza degni di un tanguero e da un giocare flessuoso con il corpo di un uomo già maturo. La quarta parete crolla sotto i fendenti di un continuo rivolgersi al pubblico, porgendo fotografie per poi richiederle indietro, sfiorando, toccando gli spettatori. Al contempo, la medesima, eterna e invisibile separazione attore-spettatore viene fatta a brandelli dal contrasto tra interprete e personaggio: Nikolaj, infatti, si rivolge a Norberto sfidandolo, motteggiandolo, rifiutandosi di raccontare ciò che il pubblico vorrebbe, la storia d’amore. L’attore ingaggia col carattere fittizio un corpo a corpo serrato, fatto di battute e lacrime, ma non c’è storia: è la storia stessa a non esserci. Illusi sono coloro che pensano di poter raccontare qualcosa: l’essenziale, lo diceva Walter Benjamin a proposito dell’arte, lo riprendiamo noi declinandolo anche alla vita, l’essenziale è incomunicabile, e ciò che è comunicabile è fatalmente inessenziale. In barba all’infinita presunzione di rappresentare, all’infinita presunzione di mettere in scena, di poter significare mai qualcosa, al punto da cannibalizzare esistenze, amori, storie per dilettare il tranquillo pubblico pagante. Presta gioca benissimo questa partita a perdere, e il suo italiano sporcato d’ispanismi acquisisce un senso straniante che rafforza ulteriormente uno spettacolo di grande purezza e onestà, poetica e teatrale.
Si resta col fiato sospeso, la testa colma di riflessioni e le farfalle rosse distribuite dall’attore, frutto del delirio di Bucharin nel tagliare con le forbici un libretto rivoluzionario. Si resta col cuore riempito e, in mano, un pugno di mosche. Pardon, di farfalle.
Tags: Igor Vazzaz, il beniamino delle farfalle, norberto presta, recensione,
07 Giugno 2011
Oggetto recensito:
Il beniamino delle farfalle, di e con Norberto Presta
Il resto della locandina: regia di Lambert Blum; produzione Transito Produçoes; durata 60 minuti; lo spettacolo, nato in Germania, è proposto abitualmente anche in italiano, spagnolo e portoghese
Prossimamente in Italia: date in divenire sul blog di Norberto Presta e qui
Nikolaj Ivanovič Bucharin: Lenin, nel proprio testamento politico, lo definiva "il figlio prediletto del Partito"; la sua vita è stata intensa e travagliata; è, peraltro, corresponsabile della fondamentale teorizzazione del "socialismo in un solo paese" che spiana la strada alla dottrina stalinista
La condanna: è avvolta nel mistero, perché, alla fine, è egli stesso ad accusarsi di attività controrivoluzionaria, al punto da risultare convincente persino per gli osservatori internazionali che presenziavano al processo
Il sospiro di sollievo: si può fare teatro monologico senza cadere né nel "teatro di parola" né in quello "di narrazione"
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